In questa pagina è possibile trova un modello contratto di permuta immobiliare editabile da scaricare e compilare con i dati richiesta.
Proponiamo anche una guida su come scrivere correttamente un contratto di permuta immobiliare.
Indice
Contratto di Permuta Immobiliare
Il contratto di permuta è definito dal nostro codice civile come «il con tratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro» (art. 1552).
La permuta è un contratto tipico, di scambio, come la vendita, ma, a differenza di quest’ultima, dove viene scambiato un bene o un diritto verso il corrispettivo di un prezzo, nella permuta lo scambio avviene nel
le seguenti forme
-cosa contro cosa;
-cosa contro diritto;
-diritto contro cosa;
-diritto contro diritto.
L’elemento distintivo tra il contratto di vendita ed il contratto di permuta, risiede nell’ometto della prestazione; nella vendita, oggetto della prestazione di una delle parti è il denaro, il venditore, infatti, mira a scambiare la proprietà del la cosa o del diritto per ottenere un bene particolare: il denaro. Nella permuta, l’utilità ricercata dalle parti è realizzata direttamente dal bene ricevuto, che viene in considerazione nella sua immediatezza, mancando, così, un corrispettivo in denaro in funzione di immediato controvalore delle cose cedute.
Pertanto, la permuta presenta forti affinità con la vendita, che si riflette nell’esiguità delle norme destinate a disciplinarla direttamente (quattro articoli del codice civile) e nell’ampio rinvio alla regolamentazione prevista in tema di vendita, contenuto dall’art. 1555 c.c.
La permuta è contratto consensuale che ha efficacia reale, ma come la vendita può avere, in casi particolari, efficacia obbligatoria.
Nel primo caso, il trasferimento del diritto si realizza contestualmente alla prestazione del consenso; negli altri casi si realizza in un momento successivo.
Oggetto del contratto di vendita sono i beni (determinati o determinabili, secondo quanto previsto dall’art. 1346 c.c.) che vengono scambiati (Cass., 15 giugno 1991, n. 6771) e tali possono essere tutti quei beni e diritti che possono formare oggetto del contratto di vendita (bene altrui).
In questa sede basta ricordare che, come nella vendita, anche nella permuta è ammissibile lo scambio di un bene esistente con un bene futuro (Cass., 26 novembre 1998, n. 11986); in questa ipotesi (permuta di bene presente bene futuro) è pure ammissibile la riserva di nominare la persona che dovrà acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal contratto (stipulazione per persona da nominare, art. 1401 c.c.) (Cass., 28 luglio 1980, n. 4864).
Nel caso, frequente in pratica, che allo scambio della cosa faccia seguito, oltre la consegna di un altro bene, anche il pagamento di una somma in denaro a titolo di conguaglio, per distinguere tra vendita e permuta sono stati proposti i seguenti criteri
-criterio oggettivo (“valore oggettivo del bene”). Costituisce permuta la consegna di una somma con lo scopo di colmare piccole differenze di valore fra le cose oggetto di scambio, sì da configurare un mero conguaglio; si avrà vendita, d’altro canto, allorché la prestazione in danaro superi il valore del bene offerto in scambio (Cass., 16 luglio 1975, n. 2811);
-criterio soggettivo. Attribuisce rilevanza all’elemento dello scambio considerato dai contraenti: pertanto, si avrà permuta allorché le parti abbiano considerato preminente i beni o i diritti scambiati, a nulla rilevando, in questo caso, l’entità della somma corrisposta in aggiunta;
-criterio misto. E la sintesi dei due criteri appena enunciati; l’interpretazione della volontà dei contraenti (elemento soggettivo), espressa dal letterale del contratto, è integrata dall’elemento (oggettivo) costituito dalla prevalenza quantitativa del denaro, quale parte del prezzo, rispetto al valore del cespite in vendita.
Ai fini pratici può sorgere la necessità di determinare la natura del tratto stipulato tra le parti, onde individuarne la disciplina applicabile (che sarà quella della permuta, eventualmente integrata con quella della vendita in relazione al rinvio operato dall’art. 1555 c.c., o quella dell’appalto).
La distinzione è rilevante specialmente in relazione alla garanzia per i difetti del bene permutato; il contratto di appalto, infatti, prevede una tutela più efficace in caso di vizi dell’immobile.
Come criterio generale di distinzione è necessario aver riguardo all’intenzione delle parti così come manifestata nel contratto e nel loro comportamento, anche successivo alla stipulazione (art. 1362 c.c.).
Si avrà, pertanto, contratto di permuta di cosa presente contro cosa futura ogniqualvolta lo scopo principale delle parti sia diretto al trasferimento della proprietà attuale contro quello della proprietà futura, e l’obbligazione di costruire rimanga su un piano strumentale e secondario.
Si avrà il contratto misto vendita-appalto ogniqualvolta le parti abbiano posto al centro della loro volontà la costruzione dell’immobile, e la cessione dell’area costituisca soltanto il mezzo necessario per raggiungere il detto fine (Cass., 29 maggio 1998, n. 5322; Cass., 21 novembre 1997, n. 11643; Cass., 5 agosto 1995, n. 8630; Cass., 11 marzo 1993, n. 2952; Cass., 24 gennaio 1992, n. 811; Cass., 12 giugno 1987, n. 5147; Cass., 23 ottobre 1980, n. 5695). E, pertanto, non si avrà permuta neanche quando le due parti si siano obbligate l’una a
costruire un edificio e l’altra, (il proprietario del suolo), a cedere parte dell’immobile quale compenso; quest’ultimo contratto ha effetti obbligatori e va qualificato come contratto innominato del genere do ut facias, analogo al contratto di appalto (ma dal quale differisce per la mancanza di corrispettivo in denaro) e comporta una diversa valutazione dell’incidenza delle prestazioni delle parti e dei rispettivi inadempimenti (Cass., 18 novembre 1987, n. 8487).
In virtù di un’espressa previsione normativa (art. 1555 c.c.), il contratto di permuta e regolato dalle norme sulla vendita, direttamente applicabili alla permuta in quanto con essa compatibili.
Tali norme vengono solitamente distinte in tre gruppi: quelle compatibili, che sono quelle che non fanno riferimento al prezzo; quelle incompatibili, che sono quelle in cui il prezzo costituisce un presupposto essenziale e quelle, infine, che sono applicabili, ma richiedono un adattamento.
Per cui si ritengono applicabili alla permuta tutte quelle norme in materia di vendita che, pur facendo riferimento al prezzo, non si riferiscono al suo carattere pecuniario, ma considerano il prezzo come corrispettivo della prestazione e quindi si fondano genericamente sulla funzione di scambio del contratto.
La disciplina della permuta è completata da due norme dettate esclusivamente per questo contratto: una in materia di evizione e l’altra sulle spese della permuta.
-Spese. Salva diversa previsione contenuta nel contratto, le spese della permuta e quelle accessorie (ad es. registrazione del contratto) sono a carico di entrambe le parti in misura uguale (art. 1554 c.c.)
-Forma. La permuta è un contratto a forma libera, però ove sia immobiliare deve, secondo le norme generali (art. 1350 c.c.), essere stipulata per scritto; tuttavia, non deve necessariamente risultare da atto analogo il pagamento dell’eventuale conguaglio in denaro, dovuto da una delle parti permutanti potendo la solutio essere dimostrata, come ogni altro negozio, a mezzo di prova testimoniale, sia pure entro i limiti posti dalla legge all’ammissibilità di tale prova nella materia contrattuale (Cass., 5 aprile 1961, n. 712).
L’art. 1553 cc. stabilisce che il permutante che abbia subito l’evizione (anche parziale e in tal caso troverà applicazione l’art. 1484 cc., dettato in materia di evizione parziale nella vendita) ha il diritto di scegliere tra la restituzione della cosa da lui trasferita (la quale se è deteriorata determina a favore dell’evitto il risarcimento) e il pagamento di una somma pari al valore del bene evitto (detto valore è determinato con riferimento alla data della pronuncia dell’evizione); in ogni caso è fatto salvo il diritto al risarcimento del danno. All’evitto è, inoltre, riconosciuto tanto il diritto al rimborso delle spese sostenute per il giudizio di evizione, quanto quello alla restituzione del valore dei frutti restituiti all’evincente. Nel caso in cui l’evizione fosse bilaterale alle parti resterebbe solo il risarcimento in denaro.
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